Storia della canzone Napoletana 1932-2003 by Pasquale Scialò

Storia della canzone Napoletana 1932-2003 by Pasquale Scialò

autore:Pasquale Scialò [Scialò, Pasquale]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2023-04-08T22:00:00+00:00


TERZA PARTE

Multicolor suite

1971 - 2003

Geografie sonore

La produzione musicale degli anni Settanta si configura come un variegato puzzle che disegna una scena con paradossali contiguità di repertori e matrici fra loro diversi. Così il rock progressive degli Osanna con Palepoli, del 1973 (Fuje ’a chistu paese, / fuje ’a chistu paese. / Parole, penziere, perzone, / nun vanno d’accordo nemmanco nu mese) e il jazz-rock di Napoli Centrale convivono con canzoni “di mala”, come Napoli… serenata calibro 9; e i brani di Patrizio e Nino D’Angelo, insieme con le nuove creazioni di Sergio Bruni e Salvatore Palomba, si diffondono negli stessi anni in cui appaiono i primi song di Pino Daniele, da Ca calore a Napule è. Un territorio di coabitazione così denso e frastagliato – nella Napoli del dopo-colera che apre le porte della Municipalità a un agguerrito sindaco comunista, Maurizio Valenzi – in cui vari quartieri, spesso spazialmente vicini, mostrano fisionomie contrastanti sul piano socioeconomico nonché musicale.

Così, se la zona collinare del Vomero costituisce il luogo d’azione della musica giovanile del rock mediterraneo, dal centro storico e dalle periferie risuona gran parte della canzone plebea, contrappuntata, soprattutto nell’area di Secondigliano, Piscinola, Miano, da una sperimentazione politicamente impegnata.

Una scena musicale tanto ampia prevede la compresenza di una produzione ufficiale di visibilità nazionale accanto a una minore, diffusa in prevalenza dalle emittenti locali o durante matrimoni e feste di piazza. Alcuni esponenti di questo filone vengono nel tempo sdoganati divenendo fenomeni di ampio respiro, raggiungendo una certa popolarità. È il caso di Nino D’Angelo, il “caschetto d’oro” delle periferie, che nel corso di un’intervista di Angela Caputo ribadisce quanto molti fenomeni ritenuti minori in realtà occupino ottime posizioni nelle vendite discografiche: «[…] io ho venduto venti milioni di dischi e tutta la canzone napoletana messa insieme non li ha venduti. Questo è il dato più ufficiale»1; di contro Pino Daniele si augura di non aumentare troppo le vendite per non abbassare la qualità del proprio lavoro: «Mi interessa di vendere quelle cinquantamila copie che mi permettono poi di andare avanti e di continuare nel tempo il mio discorso»2.

È facile comprendere come una realtà così affastellata finisca col delineare un profilo produttivo “polifonico” caratterizzato dalla compresenza di differenti culture musicali, ora dialoganti, ora «[…] dissonanti, con una condotta autonoma e con percorsi, tracce, entrate, strade diverse»3. Ne scaturisce un’ampia geografia sonora da percorrere in modo non pregiudiziale, in quanto abitata tanto da una canzone egemone, quanto da quella locale spesso dal profilo subculturale.

Si tratta di produzioni che, per quanto ideologicamente distanti, non risultano tra loro affatto isolate, ma anzi soggette a contatti più o meno intenzionali, anche perché, come ci ricorda Murray Schafer nei suoi studi sul paesaggio sonoro: «Le orecchie non hanno palpebre. Siamo condannati ad ascoltare»4. D’altronde è noto come lo stesso habitat napoletano veda il sovrapporsi nel tempo di stili e matrici tra loro differenti, si pensi ai luoghi del centro storico della città. Lo stesso avviene in ambito musicale.

Se da un lato, ancora oggi, c’è chi non gradisce



scaricare



Disconoscimento:
Questo sito non memorizza alcun file sul suo server. Abbiamo solo indice e link                                                  contenuto fornito da altri siti. Contatta i fornitori di contenuti per rimuovere eventuali contenuti di copyright e inviaci un'email. Cancelleremo immediatamente i collegamenti o il contenuto pertinenti.